Martedì 12 giugno 2012 alle ore 20.50 a Chiari – S. Bernardino moriva, abbandonandosi serenamente nelle braccia della Madonna, dopo una lunga agonia il salesiano sacerdote don Silvio Galli, circondato dai confratelli e dai suoi volontari in preghiera. Era stato dimesso dall’ospedale cittadino pochi mesi prima, non essendoci ormai alcuna speranza. Assistito con cura dai medici curanti e dagli infermieri in Casa Salesiana, si era spento gradualmente come una lampada, cui vien meno l’olio. Dal suo letto continuava a pregare e ad incoraggiare nel nome della Madonna i pochi affezionati visitatori che riuscivano a superare la severa vigilanza. Soffriva indicibilmente, mai un lamento. Era un’offerta continua che si traduceva in preghiera ed un sorriso tirato. A chi chiedeva come stesse rispondeva: «Non ho che un solo desiderio: andarmene presto, per rimanere sempre con Nostro Signore e la Mamma Celeste». Fino all’ultimo ha voluto celebrare la Messa, davanti al quadro della Madonna, che era stato dei suoi genitori.
Ne dava l’annuncio il giornale locale (Chiari Week) con questo titolo a piena pagina: «Addio a Don Silvio Galli – La città piange un santo». E gli dedicava due pagine, ricordando che quando compiva gli ottant’anni gli era stato assegnato il riconoscimento civico tra i cittadini meritevoli di encomio. Nello stesso anno gli era stato assegnato il Premio della bontà dalla sezione bresciana dell’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia. Nel 1991 era stato insignito del Premio Bulloni dalla Città di Brescia. Tale giornale intitolava l’articolo di fondo “Insegnò a scoprire l’immagine di Cristo nei poveri”.
Anche il Giornale di Brescia ha annunciato la sua morte: “Addio a Don Galli, strumento di Carità. Fu un faro per gli umili ed i disgraziati”. Ne seguiva la veglia e i suoi funerali con articoli commossi, al di là della cronaca.
Il mattino successivo, composto nella bara, la salma era esposta nel salone Don Bosco, trasformato in camera ardente. Dalle prime ore del mattino fino a sera tarda incessante è stata la processione di persone, isolate e a gruppi, accompagnati da sacerdoti e suore, che hanno voluto rendergli l’estremo omaggio. Continua la preghiera, soprattutto il Rosario. Fra i visitatori ricordiamo S. E. Mons. Vigilio Olmi, Vescovo già Ausiliare di Brescia, e il suo ex allievo S. E. Francesco Panfilo, arcivescovo di Rabaul che si trovava in Italia. I giornali parlano di seimila persone che gli hanno reso omaggio nel salone Don Bosco. Si pregava intensamente non tanto per ottenergli il riposo eterno nelle braccia misericordiose del Signore, quanto per aver l’intercessione in cielo per le tante urgenze che travagliano il cuore. In ognuno dominava la certezza che potesse continuare, senza alcun limite, la volontà di aiutare il povero, ognuno si sentiva tale, come aveva fatto sempre nella vita. Non pochi lo invocavano come un santo. Anche alla veglia funebre, alla sera, la chiesa di S. Bernardino si trovò stipata di gente. Intanto continuava ad affluire al salone Don Bosco, dove era esposta la salma. Dopo l’orario di lavoro aumentò ancora la gente proveniente da diversi paesi e dalla città. Il Sindaco sen. Sandro Mazzatorta rilevava: «Il nome di Don Galli ha valicato i confini di San Bernardino e del Bresciano per diventare punto di riferimento di un’intraprendenza sociale, sviluppata nel tempo con sagace intelligenza e sconfinato amore per gli altri»
Nel pomeriggio di venerdì 15, solennità del S. Cuore, si sono svolti i funerali con la partecipazione di mille e più persone, all’aperto nel campo sportivo dell’Opera Salesiana. Chi parla di quasi tremila persone, da Chiari, dai paesi vicini, da ogni posto d’Italia, richiedendo un servizio d’ordine straordinario.
Sul palco della grande tettoia con il feretro di Don Silvio, presiedeva il Rettore Maggiore dei Salesiani Don Pascual Chávez Villanueva, due consiglieri nazionali, l’ispettore don Claudio Cacioli, il Prevosto di Chiari Mons. Rosario Verzeletti, il direttore don Stefano Vanoli e tanti sacerdoti salesiani e diocesani. Il tutto sotto una grande immagine di Don Bosco. Numerosi applausi hanno sottolineato l’omelia del Rettore Maggiore, che aveva potuto conoscere personalmente don Silvio e sostenerlo nel suo apostolato e ne tracciava commosso la figura. “Ricordiamo specialmente la sua finezza umana e spirituale; la sua vita di fede che lo condusse sempre a non voler altro se non quello che Dio voleva e ad agire come a Lui piaceva; la sua esemplare sensibilità per il prossimo, specialmente i più poveri e bisognosi di ascolto, di luce e di consolazione, di cibo, di vestito, di alloggio, di cure; il suo spiccato amore all’Eucaristia e a Maria Ausiliatrice; la sua dedizione al ministero della Confessione, della preghiera per gli altri, dell’accompagnamento spirituale, del consiglio e della consolazione; la sua totale consegna alla Congregazione che amò e servì con gioia, generosità e fedeltà”. E più oltre: “Sono sicuro che Maria Ausiliatrice e don Bosco lo hanno accolto e introdotto per mano in Paradiso e che adesso egli esulta assieme a loro e a tutti i santi della nostra Famiglia, nella dimora della luce, della pace, della gioia e della vita di Dio. Sembra che la data del suo funerale stia ad indicarci ciò che egli ha creduto e comunicato, ciò che egli ha vissuto e proposto, cioè che la nostra vocazione è la santità e che si diventa santi facendo quanto Gesù ha detto e ha fatto: “amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutta la forza” e “il prossimo come noi stessi”. Ecco in don Silvio una eccellente incarnazione dell’Amore di Dio e del Cuore trafitto di Gesù”. E concludeva: “Per questo ci sembra doveroso oggi fare memoria eucaristica di don Silvio, la cui grandezza umana, spirituale e salesiana è stata appunto quella di essersi lasciato amare da Dio, così da diventare egli stesso incarnazione dell’amore di Dio per il prossimo, specialmente i più poveri, i bisognosi, gli emarginati: un autentico Buon Samaritano, come don Bosco. La mia partecipazione a questo momento di commiato vuole essere l’attestazione e riconoscimento di questa via di santificazione”.
L’hanno ricordato anche alcuni amici prima delle esequie. Il rappresentante dell’Auxilium: «L’insegnamento più grande che ci lasci è la tua sete delle anime». Un giovane della Shalom, Comunità di recupero dei tossicodipendenti: «Ci davi speranza». Un immigrato di colore ricordava: «Hai fatto tanto per noi stranieri» e scoppiava in pianto. Il funerale di Don Silvio, commentava un sacerdote, più che delle note del Miserere, sapeva del cantico pasquale dell’Exultet, del Resurrexit e del Magnificat mariano. Si viveva tutti nella certezza di dover ringraziare la Madonna del grande dono di Don Silvio. Aleggiava la sua promessa: «Appena giunto in paradiso… manderò “una cesta di grazie” a tutti coloro che mi hanno conosciuto». È sepolto nella tomba dei Salesiani nel cimitero di Chiari. Continua ad essere pregato da tanta gente che lo venera nelle sue necessità, portando fiori e lumi.
Don Silvio Galli nasce il 10 settembre 1927 a Palazzolo Milanese (Mi) da Giuseppe e Carcano Luigia, primo di otto fratelli (4 maschi e 4 femmine), di cui uno muore a due anni. Il padre Giuseppe faceva il falegname, come il nonno materno, e la mamma la casalinga: una famiglia laboriosa, onesta, da profonda vita cristiana, aperta all’accoglienza dei poveri. Tanto il padre quanto la madre avevano una sorella Suora. Ogni sera la famiglia si ritrovava per la recita del Rosario. Battezzato il 12 settembre 1927, fu cresimato il 3 ottobre 1938 dal Beato Card. Alfredo Ildefonso Schuster. Di don Silvio si ricordano soltanto alcuni particolari. Ancora di 4 oppure 5 anni diceva di voler diventare prete, per questo faceva gli altarini e raccoglieva immagini del Signore, della Madonna e dei Santi. In prima elementare, dovendo fare dei pensierini sulle persone a cui voleva più bene, egli scriveva “Gesù”. A 6 oppure 7 anni non si riusciva a trovarlo: era scomparso. Disperati i genitori lo cercavano affannosamente. Venne l’idea di poterlo trovare in chiesa, piuttosto distante dall’abitazione. Rimproverato dal papà, egli rispondeva che non si era reso conto del tempo che era passato nella preghiera. Particolari tutti che parlano del suo desiderio di farsi prete fin dalla fanciullezza e della sua pietà. Undicenne passa nell’istituto Salesiano e i famigliari possono accoglierlo e godere della sua presenza soltanto nei pochi giorni di vacanza, che nel corso della vita da salesiano diventano più rari. Suor Ines Galli, sua sorella e Figlia di Maria Ausiliatrice, ex missionaria in Etiopia, lo ricorda impegnato nella mediazione con i genitori perché potesse farsi suora. “Mi ha accompagnata passo passo nella via del Signore cercando di farmi capire la bellezza e il privilegio della vocazione che mi ha reso contenta e serena tutta la vita, anche quando ero in Etiopia, dove le difficoltà non mancavano”. L’altra sorella Giuseppina ha ancora negli occhi e nella mente la festa della sua prima Messa a Palazzolo, pur essendo passati tanti anni. Conserva nel cuore il suo ricordo di quando veniva a casa per un po’ e si faceva festa, la mamma gli preparava dei manicaretti, preoccupata della salute sempre precaria, e il papà gli procurava un paio di scarpe nuove, che egli inevitabilmente dava a qualche povero. Egli radunava i bambini, insegnava loro a pregare e il catechismo. Li teneva allegri e buoni con giochi e canti, che aveva imparato in collegio. Facevano assegnamento sulle sue preghiere. La Madonna lo ascoltava sempre. “L’abbiamo potuto constatare in diverse occasioni”. Più tardi, quando veniva a casa anche per poche ore, era assediato da numerose persone con problemi. “Don Silvio era il nostro riferimento, si interessava di tutti noi, aveva sempre la risposta giusta ai nostri problemi”. Don Silvio scrive: «I fratelli mi sollecitano ma dico di venir qui loro. E sono venuti e verranno domenica. Ma mi è difficile allontanarmi. Qui do loro qualche mezz’ora e poi sono a disposizione di chi ha maggiormente bisogno. Quando io vado da loro, devo prendere una mezza giornata abbondante che non ho». Ogni anno in quaresima organizzava un raduno di tutti i parenti per una giornata di ritiro al santuario della Madonna di Rho. Egli si riservava la predicazione e la celebrazione della Messa. Un bel pranzo concludeva il tutto con gli auguri pasquali. Quando chiedevano se aveva bisogno di qualche cosa, la risposta era sempre “Ho bisogno che voi andiate d’accordo”. Era sempre la sua risposta.