Una volta laureato, viene destinato all’aspirandato di S. Bernardino a Chiari (Bs) come assistente e insegnante nel ginnasio superiore. Era una delle stagioni più felici della storia di S. Bernardino. Il vecchio convento e la nuova ala erano colmi come un uovo di aspiranti Le domande di esservi ammessi erano numerose e provenivano dalle diverse case e oratori. Ogni anno un bel gruppo di aspiranti andavano al noviziato. Un nutrito numero di Salesiani, sacerdoti, chierici e coadiutori animava la vita comunitaria. Regnava un clima sereno, frutto di preghiera di studio e di allegria, animato da feste, celebrate solennemente e da molte iniziative. Molto curata la scuola di musica, il teatro e le esecuzioni. La gente del quartiere seguiva dall’esterno la vita dell’Istituto, ne viveva le feste e li sosteneva con le proprie offerte e prestazioni di lavoro. Erano gli anni del Concilio Vaticano II. Il direttore Don Camillo Antonini ne parlava spesso ed aiutava gli aspiranti a seguirlo con la preghiera. L’ispettore ne era orgoglioso e vi portava i superiori e i missionari che passavano da Milano S.A. Era l’ambiente ideale per don Silvio. Vi si trovava bene sotto tutti i punti di vista. Nella attività scolastica era molto preparato e molto esigente. Paziente ed analitico nelle spiegazioni, desiderava che tutti gli allievi lo seguissero con uno studio attento e metodico. Non ammetteva che qualcuno fosse superficiale, non stesse attento, disturbasse e fosse inadempiente riguardo alle lezioni ed ai compiti. Pazientemente ripeteva spiegazioni fino a quando ognuno potesse comprenderlo. Ogni tanto si abbandonava a qualche sermoncino, specie alla vigilia della festa e in certi periodi dell’anno. Anche di questo tempo abbiamo gli appunti, le traduzioni e le verifiche. Ogni festa aiuta i sacerdoti della zona, si dedica alle confessioni ed alla predicazione.
Ha una giornata piena. In occasione del Capitolo Speciale, nella scheda personale che ogni confratello è chiamato a completare, egli si dichiara contento del suo lavoro e dell’andamento della Congregazione. Richiesto specificatamente dalla distribuzione del suo tempo, assegna il 20% all’insegnamento, il 30% alla predicazione e il 50% ai Cooperatori ed ex allievi. L’esperienza pastorale lo mette a contatto vivo con la realtà, scopre il povero nelle sue diverse eccezioni.
Vi è portato dalla sua sensibilità e soprattutto dalla riflessione sulle indicazioni del Concilio Vaticano II. Ed è questo il dono della Provvidenza per lui e per la comunità. Il convento francescano, fondato nel 1400 nello spirito di S. Bernardino, e passato nel 1926 ai salesiani, rifioriva come oasi di preghiera e come centro di servizi pastorali.
Una tradizione dell’Osservanza, quella dell’assistenza al povero, stentava a farsi strada. Tutti presi dalla cura delle vocazioni religiose e sacerdotali, ci si premurava di cercare anche aiuti materiali per esse. Con la presenza di don Galli e con la sua azione silenziosa ritorna anche questo aspetto della vita conventuale e si sviluppa.
Ogni giorno la fila dei poveri aumenta, si infittisce a macchia d’olio. Provengono non solo da Chiari e dai paesi vicini, ma anche dalla città di Brescia. Passa di voce in voce la notizia che a S. Bernardino funziona un posto di nuova ospitalità per il povero. Si danno appuntamento: chi ha fame, chi non ha casa, tossicodipendenti, alcolisti, zingari, malati di mente, ex carcerati, emarginati. Non è solo fame di pane, ma di ascolto, di comprensione e di aiuto per sentirsi uomini, non emarginati, ma amati. L’accoglienza trova le vie misteriose del cuore. Non tutti si aprono al dialogo, ma ci vuol tempo e pazienza per distruggere il muro della diffidenza. Per alcuni si tenta anche il discorso di Dio, della sua misericordia, della sua provvidenza. Don Silvio non è solo ad accoglierli, a rispondere alle loro esigenze. Ci sono alcuni volontari, e volontarie che, come lui, fanno del Vangelo il loro riferimento. Si ingrossava il numero dei bisognosi, si ingrossava parallelamente il numero dei volontari che provenivano da diversi paesi e da diverse occupazioni. Anche in questo c’è da ammirare l’intervento della Provvidenza. Non bastava più il pezzo di pane: ci voleva qualcosa di meglio per rispondere alle richieste che vanno moltiplicandosi perché anche i poveri hanno la loro dignità e nel Vangelo non ci si accontenta delle mezze misure. Don Silvio, mortificandosi, dava qualcosa del proprio sostentamento, invitava anche gli altri ad essere coraggiosi nell’offrire il soprappiù. Non bastava. Si passò ad una fase più efficiente. Ci si aprì alla richiesta di aiuti anche alla gente e ci si organizzò in ambienti più rispondenti alle necessità nella ex canonica di S. Bernardino.
Sono cinque stanze; due al piano terra, dove si trovava la cucina, la sala da pranzo ed il magazzino, tre al primo piano per dispensa viveri e vestiti e un sottoscala dove è collocata una doccia e un servizio igienico. Ha il vantaggio di essere autonomo, con una entrata autonoma e di non intralciare in alcun modo il servizio scolastico e l’oratorio. Lo pone sotto la protezione della Madonna Ausiliatrice, lo chiama Auxilium e lo definisce come Centro di prima accoglienza aperto ad ogni persona in difficoltà, che abbia bisogno di aiuto. Il nome è gradito ed ancor più l’azione che ne consegue. Non si limita a sostenere l’Auxilium, ma, con un profondo senso di Chiesa, favorisce qualsiasi iniziativa di bene presente sul territorio. Quanti gruppi dicono di essere favoriti dal consiglio, dalle benedizioni e dall’aiuto di don Silvio. Ogni tanto tali gruppi vengono ad incontrarlo per essere sostenuti dalla sua parola e dalla assicurazione di preghiere. Uno di essi per recupero di tossicodipendenti più vicino al cuore di don Silvio era Shalom. Frattanto entra in crisi il modello dell’aspirandato. Non si può entrare in noviziato così giovani com’era la prassi di quei tempi. Si pensa ad una scuola di orientamento apostolico. La crisi numerica coglie S. Bernardino. Don Silvio viene esonerato dall’insegnamento e può dedicarsi a tempo pieno alle diverse forme d’azione apostolica, specie come delegato dei salesiani cooperatori, dagli exallievi e animatore dell’ADMA, l’associazione di Maria Ausiliatrice.
Il Vescovo l’ha nominato anche esorcista. Non è più padrone del suo tempo. Glielo divorano i visitatori che l’assediano nel suo ufficio di Delegato della Famiglia Salesiana per l’intera giornata, dalle ore 8.30 del mattino fino a sera. Il Direttore gli ha proibito di ricevere persone, se non eccezionalmente, dopo la cena comunitaria. Per la S. Messa e la recita del breviario accorcia il tempo del riposo. E così per la preghiera personale, per preparare la predicazione e per rispondere alle numerose richieste che si assommano sul tavolo. Deve pensare anche al suo aggiornamento, ai problemi che si moltiplicano, anche sul piano pastorale. Deve ascoltare il papa e i vescovi. È un lettore assiduo dell’Osservatore Romano. Pur essendo oberato dagli impegni, non rinuncia mai ai pasti in comune, agli incontri comunitari, ai ritiri spirituali. Di ogni cosa informa il Direttore e chiede i necessari permessi. Ha un culto dell’obbedienza e dei Superiori Maggiori.
Nel quaderno del 1946 scrive: Sforzandomi di vedere Dio nei miei Superiori, l’esatta osservanza è come una Comunione perpetua”. Il suo fisico ne risente, ne sono prova i ricoveri in ospedale. Anche in questi periodi, sia all’ospedale civile di Chiari, sia alla Poliambulanza, ci vuole tutta l’energia e la diplomazia dei volontari, che l’assistono giorno e notte, per limitare al massimo le visite. Qualche predicazione e qualche rara uscita per benedire infermi e per celebrazioni liturgiche. Prende la pausa di una settimana in estate che passa insieme alla sorella Giuseppina a Barzio. In collaborazione con il coadiutore Salesiano Dante Dossi si recava anche a visitare sistematicamente le carceri a Brescia ed a Castiglione delle Stiviere, portando gli aiuti richiesti. Il giornalista Walter Baresi parla di migliaia di persone da tutta Italia che fanno la fila per un colloquio con lui, anche di pochi minuti, e la sua benedizione. Intervistato don Silvio, ammette: «Io non sono che un povero prete, non ho altro che la veste sacerdotale che indosso. Meraviglia anche me che tutte le persone afflitte da problemi, a volte irrisolvibili, si rivolgano a me. Do la mia benedizione anche alle loro famiglie, poi li mando via con la convinzione che se pregheranno e lo faranno con fede i loro problemi si risolveranno». «Solo con la preghiera, potentissima arma, con la fede nella Madonna e nel suo figlio Gesù, a volte si risolvono questi problemi». Con l’insistenza sulla preghiera specie alla Madonna, non manca mai la confessione. Tante volte anche la conversione. Si esce dall’incontro rasserenati con grande fiducia nella Madonna, che concede largamente le sue grazie, talora straordinarie. Ella si serve del suo figlio prediletto, che si è consacrato pienamente al suo amore di mamma, per fare giungere la sua parola, il suo messaggio alle persone e l’ascolta sempre. Don Silvio lo ripete spesso ai suoi visitatori che non si arrendono alle sue parole. Don Silvio non chiede nulla in cambio. Un’offerta in denaro le persone gliela lasciano generosamente. Con questo denaro egli sostiene il Centro Auxilium, i missionari di passaggio e le sue iniziative di carità. Ogni tanto le manda al Rettore Maggiore dei Salesiani a Roma per i poveri. Anche in questo lavoro collaborano le volontarie, alcune per l’intera giornata. Si prendono cura delle persone che affluiscono numerose ogni giorno ed ogni ora e li accolgono in cappella in attesa del loro turno. Talora la ressa è grande e il loro intervento indispensabile. Devono tener conto anche delle prenotazioni e di alcuni casi più urgenti. Alcune persone non si limitano ad un incontro solo con Don Silvio. Hanno bisogno di ripetuti incontri. Non mancano coloro che stanno facendo un cammino di fede e cercano una guida. Numerosi sacerdoti e religiosi ricorrono al suo ministero. E lui, raccolto in una vecchia poltrona, dimentico di sé, della sua stanchezza e della sua salute, con una corona del Rosario intrecciata nella sinistra, con una parola fioca e un sorriso appena accennato è sempre pronto ad accogliere chiunque. Si sente servo nel nome del Signore, pronto a condividere con i fratelli i doni che il Signore e la Madonna gli hanno elargiti. Spesso divorato dalla febbre, da dolori e dalla tosse, non vuole che se ne accorgano gli altri. Sempre accogliente, nonostante le preoccupazioni per una assistenza che continua a crescere e per i problemi che crea. È molto riservato e geloso del suo intimo. La Madonna lo vuole a suo servizio e a servizio dei fratelli. Ogni persona si sente accolta e ascoltata nei suoi problemi e desideri, si trova a suo agio ed è pronta ai consigli che egli vuole dare. Ogni persona esce dal colloquio cambiata. In mezzo alla sofferenza ha passato un istante di paradiso. Per don Silvio è il suo martirio quotidiano. Deve pagarlo con la preghiera notturna e con la sopportazione di tanti dolori fisici e spirituali. Quello di Don Silvio non è stato un cammino facile. Si verifica anche per Don Silvio quanto Turoldo scriveva all’amico Mons. Tonino Bello: “Vorrei dirti quasi paradossalmente di non inoltrarti troppo su questa strada dei poveri. Vedrai quanto avrai da soffrire! Prima, perché i poveri quando sono presi tutti assieme, quando sono tanti, fanno veramente paura: ti producono dentro un’angoscia da cui non guarisci più. Poi perché vedrai la gente come ti parlerà dietro, come ti farà l’anima a brani. Quanti ti diranno di non esagerare, di essere prudente, di non lasciarti ingannare”. Non mancano i detrattori della sua opera, né tanto meno i critici. Non tutti accettano le sue scelte e la sua maniera di affrontare i problemi. La sua opera ha finito coll’assorbire la beneficenza della zona pastorale. Il suo stile di accoglienza ha richiamato i cosiddetti poveri e ha aumentato la disoccupazione. Con gli immigrati non se ne può accettare sempre la giustificazione. Anch’essi hanno il dovere di adeguarsi alle regole del Paese che li accoglie. I critici hanno modo di discutere le modalità dell’accoglienza anche nell’assemblea comunitaria dei Confratelli. Don Silvio reagisce a tutte queste critiche nell’umiltà, migliorando le cose, ma non cedendo mai sulla sostanza, sostenendo i volontari, ma temprandone i modi. Parlando ai numerosi volontari, li richiamava all’impegno fondamentale di accogliere le persone come figli di Dio, ma non temeva di mettere in luce gli eventuali difetti e i limiti della loro condotta. Molto impegnativa la loro formazione: ogni mese gli incontri formativi, ogni anno gli Esercizi Spirituali a Loreto e a settembre una settimana di ascolto della parola di Dio e di preghiera. Offriva ai più volenterosi la preghiera liturgica nelle solennità, specie nelle feste della Madonna, e i pellegrinaggi in diversi santuari mariani ogni sabato del mese di maggio. La maggiore parte dei volontari provenivano dalle fila dei Salesiani Cooperatori e degli Ex allievi. Proponeva spesso tale vocazione salesiana e nella festa dell’Immacolata era felice di accogliere chi vi aderiva. Anche il campo degli ex allievi era sempre più vasto. A quelli di S. Bernardino si aggiungevano quelli del Rota e quelli di Iseo. Ogni anno organizza per loro il convegno, con la collaborazione specie di Don Giuseppe Limonta, che ne cura la segreteria. È una macchina organizzativa non indifferente. Con il succedersi delle immigrazioni l’Auxilium rivela sempre più le sue insufficienze. Se ne discute con i volontari più fedeli e costanti e prevale il progetto di dedicarvi una costruzione adeguata alle diverse necessità. Si ricorre al Consiglio Ispettoriale dall’Ispettoria Salesiana Lombardo-Emiliana, perché accettino tale programma e lo approvino. Si dà l’incarico di progettarlo all’architetto Sergio Baresi. Ne risulta un edificio di tre piani; il seminterrato per i depositi e le dispense, il pianterreno per la cucina, il refettorio, l’accoglienza, i locali per la pulizia degli ospiti, il primo piano con la cappella, la farmacia ed alcune camerette per l’emergenza.
I lavori procedono alacremente tanto che don Galli vi può celebrare la Messa il 15 agosto 1995 ed aprirlo il 24 ottobre 1995. Verrà benedetto il 10 novembre 1996 dal Rettor Maggiore dei Salesiani Don Juan Vecchi. È collocato all’estremità della proprietà dei Salesiani verso nord. Ha accesso dalla strada pubblica per Palazzolo. È dotato di un piccolo cortile per eventuali mezzi di trasporto. La nuova struttura rende più facile l’accoglienza dei poveri e il lavoro dei volontari. Vi si preparano un centinaio di pasti caldi ed oltre. Vi si distribuiscono i vestiti. Si assicurano i servizi igienici e l’assistenza medica. Soprattutto si aiutano gli ospiti a orientarsi nelle diverse occorrenze civili e nella ricerca del lavoro. Gli immigrati vi si trovano a loro agio. Non manca mai anche la cura per l’aspetto religioso, pur essendo essi generalmente di un’altra religione. Tutto questo esige la presenza e il lavoro di numerosi volontari. Talora scoppiano diverbi e contrasti fra gli immigrati, ci vuole molto coraggio e pazienza per dirimerli e far ritornare la tranquillità. La nuova sistemazione ha reso più attento il servizio di pacchi alle famiglie in povertà, che l’Auxilium eroga da tanti anni nel più assoluto silenzio e discrezione. In questi tempi ha preso anche largo sviluppo l’aiuto ai missionari sotto forma di container in risposta alle richieste. A partire dal 29 maggio 1997 al luglio 2009 le spedizioni furono 196 nelle varie parti del mondo. Per assicurare il futuro e per tutelare i volontari e le diverse attività il 9 gennaio 1997 con atto notarile viene costituita l’associazione di solidarietà e assistenza ai poveri denominata “Auxilium” che con delibera regionale viene iscritta nel Registro Regionale Generale del Volontariato l’11 febbraio 1998. Nel 2004 viene integrato lo statuto dell’Associazione con attività missionaria e assistenza sanitaria. Nella vita dell’Auxilium di questo periodo si ricorda il dono di un immobile a Pontoglio da parte dei fratelli Festa, chiamato “Casa Madonna di Fatima – Paolo Festa” e la costituzione della Piccola Cooperativa Sociale “Don Bosco patrono degli apprendisti” per avviare la preparazione al lavoro. La nuova Associazione Auxilium è affidata ai volontari, che vi scelgono un Presidente e un Consiglio Direttivo. Sono membri di diritto don Galli e il Direttore dell’Opera Salesiana. La sua azione stenta specialmente ai primordi e gradualmente procede, liberando don Galli dagli impegni organizzativi e burocratici. Egli può dedicarsi agli aspetti formativi, alla predicazione, agli incontri personali e alla corrispondenza. Anche essa rappresenta un tempo notevole della sua azione nelle ore notturne o di primo mattino. Le persone trovandosi impedite dall’incontro personale, ricorrono allo scritto o al telefono, che è gestito il più delle volte da un volontario, che rimpiazza don Silvio. Tale corrispondenza ha i contenuti più vari ed esige tempi altrettanto vari. Don Silvio, non potendo rispondere a tutti, seleziona secondo le urgenze e secondo i mittenti. Non manca anche in questo aspetto chi approfitta della bontà e della pazienza di don Silvio. Anche di essa non rimane più traccia. È stata distrutta dal fuoco, anche per il segreto professionale. Sopravvive la corrispondenza di una vecchia signora sola, impegnata anch’essa in un’opera caritativa. Ha avuto la cura di raccogliere sia le sue missive che le risposte di don Silvio. Vi prevale l’incoraggiamento e la fiducia nella Madonna: “Lasciamo fare alla Mamma del Cielo. La nostra piccola mano nella sua grande mano di Madre, e lasciamoci condurre da Lei”. “L’ho incontrata…, ieri ai piedi della croce, accanto a Maria”. “Trovo oggi nell’Imitazione di Cristo, III, cap. XVII, 3: «Se tu vuoi che io viva ignorato, sii benedetto; se vuoi che io viva famoso, sii ancora benedetto; se tu vuoi che io viva nella luce, sii benedetto. Se ti degni di consolarmi, sii benedetto; se vuoi che io sia angustiato, sii ugualmente benedetto». La leggo volentieri l’Imitazione di Cristo; ed è sempre maestra di vita spirituale e di santificazione a qualsiasi pagina càpiti”. A sostegno e coronamento della sua opera di evangelizzazione Don Silvio si è dedicato pure al cosiddetto apostolato della buona stampa, curando la distribuzione di opuscoli, favorendo abbonamenti, facendo propaganda di alcune opere significative. A conclusione di certi colloqui faceva dono di libri e di immagini sacre. Nella chiesa di S. Bernardino volle una piccola scansia di libri, di opuscoli e di depliant a completa disposizione dei fedeli. Voleva che venisse sempre aggiornata.
A conclusione della vita, sul letto del dolore, don Silvio soleva rivolgersi la domanda se gli rimaneva qualche cosa da poter donare. Aveva dato tutto al Signore, alla Madonna, ai poveri. Ogni fibra del suo cuore era permeata di amore. Un amore umile e fiducioso. Le sue forze e il suo corpo erano ormai sfinite e consunte. Non rispondeva più neppure agli stimoli della fame e della sete, era solo un peso ingombrante, un dolore continuo. I suoi interessi erano tutti concentrati in un solo desiderio: andarsene al più presto in paradiso per incominciare una nuova vita, senza limiti, nelle braccia misericordiose di Dio. Aveva dato tutto per i poveri. A migliaia erano le persone incontrate, angustiate da tanti problemi e da tante necessità. Ogni uomo ha una sua povertà. Egli aveva cercato di superarla, mettendo a disposizione di tutti le ricchezze della bontà e della misericordia di Dio. Quanta incapacità a comprendere e aiutarli. Egli si riprometteva di poter rimediare dal cielo a tutti i limiti e difetti con l’ottenere tante grazie dal Signore e dalla Madonna. Aveva una sola aspettativa: quella del Cielo. Glielo aveva promesso e assicurato la Madonna, la regina della sua vita. E, in cielo, pensare ai suoi poveri.